Punti chiave
Secondo noi, solo la metà della gente ha capito cosa sono i bitcoin. Pochi li hanno compresi anche a livello economico, e pochissimi hanno afferrato se e come ci si può guadagnare veramente.
Vi suggeriamo di ripartire da zero: affermazioni di grandi prodigi, titoloni sulla loro caduta e guide arzigogolate non fanno altro che confondere la mente dell’utente medio.
Cerchiamo, stavolta, di capire davvero di cosa si tratta e di far parte di quel fortunato gruppo di persone che li usano nel modo giusto.
Resettate la mente: capiamo davvero cosa sono i Bitcoin
Non preoccupatevi, non è difficile e nemmeno tanto lungo da comprendere.
Era il 2009, quando un signore dal nome giapponese, Satoshi Nakamoto (ma con molta probabilità un gruppo o una organizzazione incarnata in costui) pubblicò un documento dove parlava di una nuova valuta digitale, una criptomoneta, chiamata bitcoin. Si trattava di una valuta completamente virtuale, senza banche nè governi a controllarla, che poteva essere usata per scambiare beni e servizi.
Poi, nel 2010, Nakamoto sparì. E nel 2013, il fenomeno Bitcoin si impose a livello mondiale.
Andando sul pratico, per partire con i bitcoin bisogna collegarsi presso una piattaforma di scambio, un sito web, creare un profilo più o meno simile a Paypal e versare dei soldi (reali). In cambio ti vengono accreditati dei bitcoin, che puoi conservare in un portafoglio virtuale (wallet) che risiede online oppure fisicamente sul tuo PC o in una chiavetta USB. Da quel momento puoi comprare beni su internet pagando in bitcoin.
Ok, direte voi, è una moneta digitale alla fine. Una variante virtuale dei soldi… eh no. È un cambiamento di sistema.
Mai più banche e Governi cattivi: un sistema diverso
I bitcoin si propongono come alternativi ad altri due sistemi: quello centralizzato e quello decentralizzato.
Nel primo caso esiste un Governo, un ente centrale, che stampa moneta, la distribuisce ai singoli e assicura il valore di quella moneta. Ad esempio, fino alla seconda guerra mondiale il valore della moneta corrispondeva alle riserve auree conservate presso lo Stato. Tu usi il denaro perché ti fidi del valore che gli attribuisce il tuo paese e che gli danno gli altri con cui commerci.
Il secondo sistema è quello decentralizzato. Ovvero, non c’è più un solo ente superiore, ma più enti “grossi” che distribuiscono moneta e valore ai singoli.
La terza variante, su cui vive bitcoin, è il sistema decentralizzato e distribuito. Qui non esiste alcun ente superiore, regolatore o legislatore. Tutti sono uguali, e uno vale uno.
In questo caso immaginiamo che io voglia fare una transazione con qualcuno. Raccolgo i dati necessari e le informazioni utili, e poi chiedo a tutti gli altri che scambiano nel mondo se la mia transazione è corretta e può essere autorizzata. Se tutto il gruppo, se tutta la comunità, mi dà l’ok, la transazione avviene.
Un gruppo di transazioni in un determinato periodo di tempo viene chiamato “Blocco” o “Block“. E i blocchi uno dopo l’altro, formano una “catena di blocchi”, ovvero una “Blockchain“.
Questa è la rivoluzione, e anche quello che ha attratto l’attenzione mondiale: tutti sono pari, non ci sono le banche o i Governi cattivi a comandare, non esistono commissioni da pagare o tasse.
Esistono gli scambi tra persone, semplicemente. Inoltre le transazioni sono segnate e tracciabili per sempre, ma gli autori della transazione, i cosiddetti “nodi”, sono nell’anonimato più assoluto.
Certo, si può tentare di tracciarli, ma bastano dei “Mixer” per mescolare i dati, e chi ha fatto lo scambio non lo trovi mai più.
Una nuova corsa all’oro. Minare i Bitcoin
Per capire più a fondo il fenomeno dei Bitcoin, bisogna comprende anche il concetto di Mining. Si tratta sostanzialmente di prendere un blocco di transazioni e avviare, tramite dei computer, una serie di calcoli matematici.
Questi calcoli, una volta terminato il processo, arrivano a definire una sequenza numerica, detta Hash, che identifica il blocco. Ebbene, la meraviglia sta nel fatto che quando riesci ad ottenere l’Hash di un blocco, questo si converte in 12.5 Bitcoin.
Così come una volta ci si metteva nei fiumi a cercare con il passino fino a che trovavi una pepita d’oro, adesso ci si mette a fare calcoli con i computer per scovare un numero Hash che diventa denaro.
Nakamoto, sin dall’alba dei tempi, impose un limite massimo mondiale di 21 milioni di Bitcoin minabili, e al momento attuale ne sono stati minati 12 milioni.
In teoria chiunque può minare bitcoin, e su Amazon si possono trovare computer per provare a minare delle valute minori, ma una attività di questo tipo è praticamente appannaggio di progetti di stampo industriale.
Ed è accaduto anche che nel 2017 si sia verificata una specie di lite fra i “minatori”. Alcuni volevano eseguire i calcoli su blocchi di 1MB, come è sempre stato, mentre altri volevano poter minare blocchi più grandi, di 8MB. Il risultato è stato un “Fork”, cioè una divaricazione nel mining.
Nel frattempo sono nate anche alcune valute indipendenti come Ethereum e Bitcoin Cash.
I primi a capire le potenzialità dei bitcoin: i ladri
I primissimi a comprendere la funzione e le potenzialità dei bitcoin sono stati i criminali di tutto il mondo.
Per prima cosa sono stati attaccati i portafogli virtuali online che conservavano i bitcoin dei loro clienti. Famoso fu il caso di Mt Gox, che si vide sottrarre 750mila bitcoin. Più recentemente NiceHash ne ha persi altri 4.700. Ma anche i virus che rubano i wallet conservati in locale sul PC hanno fatto danni.
Ancora peggio. Esistono da diversi anni dei virus chiamati Ransomware, che arrivano su un pc, criptano il contenuto rendendolo illeggibile e chiedono un riscatto in denaro per consegnare la chiave necessaria a decifrare e riottenere i propri dati.
Questi malware avevano però un problema: una transazione verso una banca può essere tracciata. E i bitcoin, tracciabili ma non associati ad un nominativo esplicito, hanno risolto il problema.
Le vittime erano costrette a convertire denaro reale in bitcoin, e pagare i pirati informatici in maniera anonima.
Ma anche il commercio illegale ne ha approfittato: Silk Road è stato un gigantesco portale di e-commerce di prodotti illegali, dalle armi, alla droga, ai DVD o materiale d’autore, che si faceva pagare in bitcoin.
I clienti, sicuri di non poter essere rintracciati, hanno usato allegramente i bitcoin in barba alle autorità.
L’aspetto economico: i bitcoin sono volatili
A questo punto possiamo finalmente dire di aver compreso i bitcoin sotto l’aspetto tecnico. Ma dal punto di vista economico devono essere chiari altri due elementi.
Il primo è la estrema volatilità. Proprio perché fa parte di un sistema distribuito dove non ci sono autorità, il valore di un bitcoin non è definibile in maniera precisa. Questo dipende piuttosto dall’andamento, dalla fiducia o dall'”umore” della comunità che li usa. Un bitcoin può valere €8000 euro al mattino, scendere a €7000 la sera e tornare a €9000 il giorno dopo. Gli sbalzi di valore sono continui e molto forti.
Quello che possiamo dire con sicurezza, è che nel medio-lungo periodo, tende ad apprezzarsi in maniera piuttosto stabile.
I bitcoin non sono (ancora) una moneta
La seconda cosa da comprendere è che il bitcoin, non è una “moneta”, perché non ha le caratteristiche che storicamente la definiscono.
Innanzitutto una moneta deve essere una unità di conto. Cioè devo poter dire con ragionevole sicurezza che con 1 Euro, centesimo più o centesimo meno, posso comprare una zucchina. La volatilità dei bitcoin impedisce però agli stessi di essere usati come unità di conto. Il che gli impedisce di essere considerati moneta.
In secondo luogo, una moneta deve poter essere usata per fare scambi. Io consegno due etti di crudo e ricevo in cambio della moneta perché ho fiducia di poterla riutilizzare a mia volta per altri scambi. Una volta la sicurezza derivava dal fatto che il valore della moneta era nella moneta stessa, ad esempio una quantità di oro, incorruttibile. Adesso ci fidiamo più che altro del valore dato dallo Stato a quella moneta.
In questo caso i bitcoin funzionano: sono effettivamente incorruttibili, tanto che vengono definiti “oro digitale” e possono essere usati per degli scambi perché esistono altre persone che credono di poterli usare a loro volta.
La terza caratteristica di una moneta è però la possibilità di usarla come pagamento, e qui non ci siamo. Si, è vero, abbiamo appena detto che possono essere usati per fare scambi, ma i pagamenti sono un’altra cosa. Ad esempio, a fronte di un debito, io faccio un pagamento ad un creditore tramite dollari od euro che, avendo corso legale, è obbligato ad accettare. Questo mi rende libero, ovvero svincolato dal quel debito.
Nel caso dei Bitcoin, non avendo un corso legale, il creditore può rifiutarsi di accettarli come mezzi di pagamento, e dunque non sono utilizzabili con la stessa stabilità delle monete classiche.
Infine, la moneta deve avere un valore relativamente stabile. E di nuovo, i bitcoin non ce l’hanno: il fatto accade perché l’offerta di Bitcoin è piuttosto fissa, non può aumentare rapidamente, mentre la domanda può variare in un attimo. Da qui le intense fluttuazioni.
Per cui, dobbiamo sapere che i bitcoin sono una valuta di scambio, ma non hanno corso legale e non vanno trattati come i soldi normali. In altre parole, non hanno ancora le caratteristiche per definirsi “moneta” a pieno titolo.
Bitcoin. Capiamo finalmente chi ci guadagna e chi ci perde
Abbiamo superato indenni la parte didattica, ma ora è tempo di capire meglio se il fenomeno Bitcoin è una colossale bolla speculativa, paragonata da alcuni a quella del 1600 sui tulipani in Olanda, o se siamo di fronte ad una rivoluzione da capire e da abbracciare.
Partiamo da una domanda semplice: con questi bitcoin, finora, chi ha guadagnato veramente? Per rispondere abbiamo chiesto al Prof. Ferdinando Ametrano, che insegna Bitcoin and Blockchain Technologies alla Bicocca di Milano, ed ha la particolarità di non avere colleghi, perché è il primo in Europa ad avere un insegnamento sull’argomento.
“Ok facciamo una classifica – dice con voce squillante al telefono – i primi in assoluto sono i “cassettisti”, quelli che hanno comprato bitcoin un anno fa o prima e li hanno detenuti senza spenderli né scambiarli. Hanno guadagnato più di tutti, perché hanno trattato i bitcoin come “oro digitale”, bene rifugio, aspettando che si apprezzassero.
Al secondo posto ci sono le piattaforme di scambio, quelle che intermediano la compravendita di bitcoin raccogliendo commissioni. Al terzo posto… i furfanti: quelli che hanno messo in piedi un circo di piccole e grandi frodi e che spesso manipolano le contrattazioni con la complicità di borse di scambio poco affidabili”. E chi ci ha perso? “Gli utenti medi che, senza comprendere la natura di bitcoin, li hanno comprati e poi rivenduti, facendo trading magari anche su frequenza giornaliera: hanno perso alla grande su un mercato significativamente manipolato“.
Ok ma adesso i Governi stanno iniziando a vietare i bitcoin. Per cui il sogno è già finito? “Assolutamente no – risponde Ametrano – perché i Governi non possono tecnicamente bloccare Bitcoin: dovrebbero fermare tutti i nodi della rete, più di 10000 sparsi in tutto il mondo.
Quello che possono fare è tentare di strozzare o proibire bitcoin, magari nascondendosi dietro l’esigenza di regolamentarlo: nel 1933 gli USA vietarono il possesso di oro. In ogni caso il proibizionismo non ha mai funzionato, il valore del bene proibito semplicemente aumenta ed il mercato non si ferma”.
Ma forse il problema potrebbero essere i privati? Perché quando abbiamo detto che nella blockchain ognuno chiede agli altri se può eseguire la transazione, è evidente che la richiesta, il controllo e l’autorizzazione sono automatici, eseguiti da computer.
Ma se la Blockchain diventasse negli anni sempre più grossa, con sempre più richieste da gestire, potrebbero essere necessarie delle web farm di elaborazione dati gentilmente “offerte” da grandi aziende.
Ferdinano Maria Ametrano, unico in Europa ad avere un insegnamento su Bitcoin e Blockchain Technologies: “I bitcoin vanno visti come oro digitale. Se reggono alla prova del tempo potrebbero avere un notevole impatto sull’economia mondiale”
E queste grandi aziende, contribuendo in maniera sostanziale al funzionamento e stabilità della blockchain ne potrebbero parimenti influenzare il comportamento? “No, – taglia corto Ametrano – bastano 150GB di spazio su un PC per diventare un nodo della rete con una copia integrale della blockchain.
Operare un nodo della rete non è particolarmente gravoso, non servono grandi aziende. Ed è proprio il fatto che la blockchain è distribuita che ha garantito il funzionamento ininterrotto di bitcoin”.
“Se vogliamo parlare di oligopolio – prosegue Ametrano – c’è nei fatti per quello che riguarda i nodi che svolgono l’attività computazionalmente intensa del mining. Attualmente circa il 70% dell’hardware usato per minare bitcoin è prodotto da Bitmain che lo vende a tre/quattro aziende.
Ma stanno arrivando anche altri produttori, compreso un gigante come Samsung. In ogni caso il mining, se sufficientemente decentralizzato e distribuito, non ha la possibilità di influenzare bitcoin o di manipolare la blockchain.”
Ma se un Governo andasse a dire a chi ha il monopolio del mining che se non vuole avere problemi con il fisco dovrebbe ridurre o sospendere le attività? Oppure se domani un miner determinante minacciasse di interrompere i lavori se non in cambio di una percentuale sulle transazioni?
“Subentrerebbero altri miner, in altre aree geografiche – chiosa Ametrano – altri attori motivati da interessi economici, culturali e politici a sostenere la rete bitcoin”
Perfetto. E infine la domanda delle domande: se fossi un utente medio, che vuole sfruttare i bitcoin stando dalla parte di chi ci ha guadagnato e non del “fesso che ci ha perso” che dovrei fare?
“Per prima cosa – spiega con sicurezza Ametrano – bisogna studiare per comprendere che bitcoin può essere una ragionevole diversificazione dei propri investimenti. Significa aggiornarsi tecnologicamente e familiarizzare con un significativo cambiamento di paradigma culturale, che se regge alla prova del tempo potrebbe avere un notevole impatto sull’economia mondiale.
Quali sono le piattaforme di scambio bitcoin più affidabili? Chicago: Gemini, GDax, ItBit, Kraken, Bitstamp. E l’italiana TheRockTrading: nel mondo è la più vecchia borsa bitcoin tutt’ora funzionante
In secondo luogo si può investire in bitcoin quella parte di capitale di cui si possa sopportare senza troppi rimpianti l’eventuale perdita. Siamo di fronte a una svolta storica: se davvero bitcoin rappresenta l’oro digitale, allora il suo potenziale è persino sottovalutato e dovrà apprezzarsi decine di volte; se invece dovessero emergere elementi critici che oggi sfuggono alle analisi, allora il suo valore è destinato ad azzerarsi.
Terza regola, affidarsi per la compravendita a borse di scambio affidabili, ma evitare assolutamente di custodire i propri bitcoin presso le borse, che potrebbero fallire o essere violate: bisogna gestirli attraverso un proprio software wallet, a cui altri non possano accedere: bitcoin nasce per non doversi fidare di intermediari”.
Quali borse sono affidabili? “Quelle utilizzate come mercati di riferimento per il prezzo di riferimento dei futures quotati a Chicago: Gemini, GDax, ItBit, Kraken, Bitstamp. A questi aggiungerei l’italiana TheRockTrading: nel mondo è la più vecchia borsa bitcoin tutt’ora funzionante; non si sono fatti bucare da hacker, non sono scappati con i soldi dei clienti: credenziali minimali, ma nel new wild west di bitcoin sono le migliori che si possano esibire”.
Ultimo ma non ultimo: “Bitcoin è un bene rifugio, oro digitale. Meglio evitare il trading speculativo, acquistarli e rivenderli dopo pochi giorni: va considerato come un investimento di lungo termine, meglio fare i cassettisti. È solo così che, se l’esperimento bitcoin avrà successo, potranno realizzarsi guadagni significativi”.