I dipendenti utilizzano sempre più servizi esterni all’impresa per conservare i documenti aziendali assieme ai dati personali, esponendo le imprese per cui lavorano ad un pericolo di sicurezza rilevante.
E’ il risultato di un recente sondaggio commissionato dalla Nasuni, che ha coinvolto 1.300 responsabili IT in diverse imprese americane: il rapporto avverte che, scontenti delle soluzioni offerte dalle imprese per cui lavorano, almeno la metà degli intervistati utilizza servizi come Dropbox nelle organizzazioni anche se è consapevole che il datore di lavoro è di parere contrario, e curiosamente, i dipendenti che violano le indicazioni aziendali sono maggiormente i dirigenti e i CEO.
In molti casi le informazioni aziendali dei dipendenti sono memorizzate all’interno di account personali di Dropbox, insieme ai dati privati, abitudine che riguarda un intervistato su cinque: “Nell’utilizzare i servizi di file sharing, gli utenti memorizzano file al di fuori delle politiche di sicurezza dell’azienda, appoggiandosi a servizi che non garantiscono controlli ad un livello soddisfacente per una impresa”, spiega il rapporto.
E la situazione tende al peggioramento: l’uso di dispositivi mobili, che portano naturalmente all’utilizzo di servizi di storage online di dati, è in crescita, tanto che il venticinque per cento degli intervistati prevede di acquistare un telefono aggiuntivo, uno smartphone o un tablet a breve termine.
Sembrano di poco effetto i corsi di formazione che le aziende stanno creando per sviluppare maggiore controllo: anche le organizzazioni che hanno educato gli utenti sulle politiche aziendali hanno un 49% di dipendenti che non seguono criteri di sicurezza anche se opportunamente istruiti. In realtà la soluzione più efficace risulta quella di offrire ai dipendenti delle soluzioni adeguate ai compiti che devono svolgere in modo da diminuire il bisogno di utilizzare servizi di esterni.
Federico Bisi