L’acquisizione di Whatsapp da parte di Facebook, è uno di quei casi, in cui si capisce quanto “privacy” faccia, prima o poi, rima con “soldi”.
Whatsapp è nato basandosi su tre regole: “Nessuna pubblicità, nessun abbonamento, nessun trucco”. Questi tre dettami hanno permesso ai creatori Brian Acton e Jan Koum di creare l’app più popolare per la messaggistica, una vera e propria conquista del mondo. E queste tre regole sono quelle che permisero a Whatsapp di reggere il colpo, quando le autorità per la privacy gridarono ai quattro venti che l’applicazione conservava i numeri di telefono degli utenti, anche quelli non registrati.
Ma l’acquisizione da parte di Facebook ha cambiato tutto: nessuno ha pensato alle potenzialità di questo acquisto. Nessuno ha minimamente riflettuto sui vantaggi che il social network può apportare a questo straordinario strumento, come una eventuale integrazione dei dati fra il social e l’applicazione. Tutti hanno pensato alla privacy. E questo è un primo dato importante.
Ma vengono le rassicurazioni: se la frase di Zuckerberg “nulla cambierà sulla privacy” è un insieme di parole alle quali nessuno, legittimamente, ha creduto, le garanzie dati dai due creatori, quelli che lo hanno fatto grande, e soprattutto quelli che hanno avuto il coraggio di rifiutare 3 miliardi di dollari, non sono bastate. E questo è il secondo dato importante.
Riassumendo: quando si assiste all’acquisizione da parte di una qualsiasi azienda, si pensa che il prodotto acquisito diventerà più grande. Quando lo fa Facebook, c’è qualcosa sotto. E l’esodo di massa verso app alternative e più sicure come Telegram o Line, ne è una conferma.
E’ evidente che Facebook ha un problema di privacy? No, tantissime applicazioni, siti, portali e servizi hanno problemi di privacy, e gli utenti si gettano fra le loro braccia beatamente, senza nemmeno sapere cosa fanno. Facebook ha un problema di percezione della privacy, che è ancora peggio. Facebook non soffoca gli utenti e basta, Facebook soffoca gli utenti, e questi sanno che lo fa.
Cosa dovrebbe fare Zuckerberg? innanzitutto dovrebbe fare qualcosa. Per lui non si tratta di un problema da gestire con gli avvocati. Si tratta della perdita di denaro: il prezzo pagato dal social per comprare Whatsapp diviso il numero di utenti attivi, fa poco più di 30 euro. 5 milioni di clienti se ne sono andati: il totale fa 150 milioni di dollari persi.
Non siamo in grado di dire ad un gigante come Facebook quali strategie dovrebbe adottare. Ma possiamo dirgli cosa ci dà fastidio: il fatto di cambiare le cose senza avvisare, come le mail degli utenti trasformate in @facebook.com, (chiuse da pochi giorni), il fatto di cambiare le parole delle privacy policy ma affermare che “dicono la stessa cosa” e di iniziare a leggere gli SMS tramite la propria applicazione, spiegando che sono stati costretti dalla regole di Android, quando aziende come Kaspersky spiegano chiaramente che più che obbligati a leggere gli SMS, si desidera essere obbligati a farlo.
Ad attaccare Facebook si fa presto. Tutti quelli che lavorano nella sicurezza lo fanno. Noi lo abbiamo fatto quando necessario, altre volte lo abbiamo difeso. Ma “come semini, così raccogli”, e il portale di Palo Alto, ora che comincia a vedere cosa succede a non rispettare la privacy, è ancora in tempo per togliere le erbacce.