Punti chiave
Cosa potrebbe accadere se Google o una azienda a lei collegata potesse creare delle città informatizzate e avesse il pieno controllo su tutte le sue infrastrutture? È un’ipotesi più che reale che in Canada sta già sollevando forti dubbi sulla privacy.
Anni fa, i fondatori di Google si chiesero che cosa sarebbe successo se la loro tecnologia e l’esperienza aziendale fosse stata applicata non a singoli oggetti ma ad una intera città. “Abbiamo iniziato a parlarne qualche tempo fa e ci siamo chiesti che cosa saremmo stati capaci di fare se qualcuno ci avesse dato una zona in cui costruire e il permesso di creare dei nuclei abitativi da zero”, aveva spiegato il CEO di Alphabet Google, Eric Schmidt.
Lo scorso mese, dopo una competizione pubblica, il governo canadese ha creato una organizzazione che ha il compito di rivitalizzare un area vicina al lago Ontario, nell’ambito del progetto “Waterfront Toronto” e la Sidewalk Labs, legata a Google, è stata scelta come partner per l’innovazione. L’azienda ha subito risposto con dei progetti futuristici di una città hi-tech e collegata ad internet.
La compagnia ha prospettato, anche con una serie di tavole e disegni, delle strade intelligenti, degli autobus che si guidano da soli, e una serie di canali metropolitani dove dei robot buttano la spazzatura, trasportano i pacchetti che devono essere consegnati ai cittadini e svolgono in piena autonomia altri compiti importanti. La sidewalk Lab ha promesso di investire 50 milioni di dollari per concretizzare il progetto nel corso del prossimo anno.
Le città intelligenti di Google: una communità hi-tech sotto il suo controllo?
Al momento, andando a visitare il luogo dove dovrebbe sorgere questa cittadina, è difficile immaginare qualcosa di così futuristico. Per ora si tratta ancora di una terra disabitata, con pochi silos di grano appartenenti ad alcuni contadini della zona. Ma Dan Doctoroff, il CEO di Sidewalk Lab e assessore della città di New York, ha promesso di impegnarsi per creare in quella zona una città dove le strade prendono letteralmente vita assieme all’attività dei cittadini.
Doctoroff spiega la sua visione di una comunità cittadina dove dei taxi e degli autobus robot guidano le persone, evitando intelligentemente ciclisti e pedoni e dove la proprietà e lo sharing delle biciclette o dei mezzi pubblici viene largamente preferito al possesso di macchine private. Grazie al nuovo approccio di veicoli che si auto guidano e ad un gran numero di opzioni alternative all’automobile, le strade saranno più libere e ci sarà molto più spazio per la creazione di spazi pubblici e giardini.
E la sua realizzazione non sarebbe troppo difficile. Google detiene già Waymo, una compagnia dedicata alla costruzione di macchine intelligenti che si guidano da sole, e Nest, un’altra azienda concentrata sulla tecnologia per la casa.
In una conferenza dello scorso mese, il primo ministro canadese Justin Trudeau, parlando del progetto, ha presentato il progetto come una possibilità per ottenere dei nuovi posti di lavoro fino alla costruzione di un hub permanente per l’innovazione.
Preoccupazioni sulla privacy
Gli abitanti di Toronto hanno visioni contrastanti sull’idea. Alcuni attivisti protestano dicendo che la visione della compagnia non è abbastanza chiara per poterne comprendere le dinamiche e le ripercussioni sui cittadini. Alejandra Ruiz Vargas, portavoce del gruppo Acorn, si preoccupa che le innovazioni pensino piuttosto a fornire abitazioni per le persone sotto la soglia della povertà.
La Sidewalk Labs, ha in parte risposto a questo problematica, spiegando di avere intenzione di aggiungere al progetto alcune abitazioni modulari che si basano su tecnologie di costruzione particolarmente rapide e che possono adattarsi all’architettura del vicinanze.
Un altra fascia di cittadini, quelli più impiegati nel settore terziario, sono invece entusiasti: Asma Khan, un project manager di 35 anni che ha fondato una propria azienda tecnologica a Toronto, sembra accogliere al meglio la nuova idea.
Ma in generale i dubbi e le domande su una città completamente guidata dalla tecnologia e alla fine collegata a Google sono legittime. “Siamo preoccupati che Google possa utilizzare questo lab, e di fatto le nostre vite, per testare le nostre reazioni, spiega Donna Patterson, una attivista che dice di vivere vicino al sito dove dovrebbe essere costruita la città digitale.
E se da un lato la Sidewalk spiega che la raccolta dati ha il solo obiettivo di migliorare la qualità dei servizi, è evidente che l’abbondanza di informazioni così specifiche sulla vita di una comunità non può che essere guardata con golosità dagli sponsor. Tanto più che non esistono regole precise: sappiamo tutti che la privacy negli spazi pubblici è soggetta a regole non chiarissime.
Tutti hanno una videocamera nel proprio smartphone, non sappiamo chi viene ripreso, in quale momento e a che titolo e anche sul trattamento dei dati non ci sono leggi precise.
E Doctoroff, nel corso di una intervista, alla domanda se i dati dei cittadini sarebbero stati usati per guadagnare ha risposto in maniera abbastanza sibillina. “Se puoi migliorare in maniera importante la condizione esistenziale delle persone, un modo per guadagnare lo si trova sempre. Quali saranno queste vie? potrebbero essere associate allo sviluppo della città, oppure alla concessione di licenze per l’utilizzo delle tecnologie. Abbiamo molto tempo per pensarci.”