Punti chiave
In Italia, a partire dal 2004, si celebra il 10 febbraio la giornata solenne conosciuta come “Giorno del Ricordo”. Per commemorare le vittime italiane delle persecuzioni etniche perpetrate a opera di Tito al Confine Orientale d’Italia, in quella parte d’Italia che un tempo era Venezia Giulia, poi ceduta nel 1947 come pegno di guerra. E si celebra il 10 febbraio anche per commemorare il dolore dell’esodo di tutti coloro che scelsero di lasciare le loro terre natìe pur di rimanere italiani, in cerca di salvezza e libertà.
A pagare le colpe della guerra sembra che fu essenzialmente quella parte di popolazione italiana. Cosa che è stata per lo più dimenticata. Poiché essi pagarono con le loro terre e talvolta con la vita, mentre il resto d’Italia celebrava la vittoria degli Alleati per i quali l’Italia rapidamente si schierò al termine del secondo conflitto mondiale.
La data commemorativa
E’ un fatto che non può essere ignorato che solo 57 anni dopo il 10 febbraio del 1947, quando fu firmato il trattato di Parigi dove l’Italia cedeva parte dei suoi territori orientali, l’Italia finalmente stabilì la data commemorativa per ricordare gli strazianti fatti dell’esodo giuliano dalmata e delle persecuzioni etniche. Con molta difficoltà quel popolo italiano trovò ascolto e spazio anche nel cuore del resto d’Italia, finalmente pronta a riconoscere, celebrare e commemorare la loro tragedia. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha parlato per primo, come massima carica dello Stato, del negazionismo italiano relativo ai fatti delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata.
L’Istria, Fiume e la Dalmazia oggi fanno parte dei confini croati. Ma un tempo lì convivevano pacificamente le due etnie, slava e italiana. Fu a causa delle mire espansionistiche di Tito il sanguinario che quell’equilibrio si spezzò e che gli italiani divennero vittime di violenze e persecuzioni a causa della loro etnia. E questo proprio quando il resto d’Italia invece festeggiava la Liberazione, ma in quelle terre furono “liberati” da Tito, ovvero passarono da una dittatura ad un’altra.
L’orrore delle foibe
Molti hanno sentito parlare delle foibe, ma non tutti sanno che cosa sono. Il territorio dell’Istria e della Dalmazia è noto per essere carsico, là si formano spaventosi crepacci, fessure nella terra che si sviluppano per decine e decine di metri in profondità, conosciute come foibe. La punizione per infoibamento era una triste usanza da quelle parti, quando degli aguzzini decidevano di disfarsi di nemici politici, ad esempio. Questo per dire che non furono certo gli slavi di Tito i primi a ricorrere a un mezzo così brutale, tuttavia il fenomeno allora subì un picco e una regolare efferatezza legata appunto alla semplice etnia, che va senza dubbio annoverata sotto il nome di “pulizia etnica”, o strage d’innocenti.
La morte per infoibamento è particolarmente atroce. I prigionieri, colpevoli spesso solo di essere italiani, venivano incatenati gli uni agli altri e poi gettati in questi crepacci senza fondo, che sono le foibe. Alcuni venivano sparati sul ciglio del crepaccio, così cadendo trascinavano con sé chi ancora era vivo, per crudeltà e anche per risparmiare munizioni. Chi sopravviveva alla caduta, ed erano in molti, rimaneva ad agonizzare senza’acqua e senza cibo, nelle tenebre di quelle spaventose fessure, malmenati e feriti per la caduta, incatenati ai loro compagni di sventura morti, e non di rado venivano infoibati insieme a loro anche dei poveri cani, affinché li tormentassero con il loro latrato e con la loro fame.
Molti altri italiani furono uccisi anche nei campi di prigionia dei titini. Le vittime da infoibamento di quel periodo sono oltre 11.000. Mentre gli esuli dell’esodo giuliano dalmata, ovvero coloro che partirono per non rivedere mai più le loro terre, furono tra le 250.000 e le 350.000 persone. Intere città si spostarono, la città di Pola per la quasi totalità della sua popolazione, per fuggire dalla crudeltà di Tito e per mantenere orgogliosamente il proprio status di italiani, per non tradire sé stessi.
L’abbandono della propria terra
Persone che dovettero scegliere se rimanere nelle loro case però optare per la cittadinanza slava, oppure mantenere la cittadinanza italiana a costo però di dover abbandonare tutto, di essere espropriati di ogni bene e di cercare fortuna altrove. La maggior parte fuggirono in Italia, dove non sempre furono ben accolti. Non era consentito rimanere italiani nelle terre di Tito.
Il ricordo di avvenimenti così tragici e drammatici, che ci riguardano da vicino, è importante oggi e sempre. Nascondersi la realtà, rinnegare la Storia sono solo corsie preferenziali che possono condurre rapidamente a ripercorrere, ancora e ancora, quella strada sbagliata di dolore e sangue. Solamente conoscendo le atrocità a cui può arrivare l’animo umano, solamente ricordando le storie dei nostri antenati, la nostra Storia recente e quella lontana, possiamo sperare di costruire un futuro migliore, un futuro dove non c’è più spazio per altri errori e ingiustizie così tremende. Finché resta viva nei nostri ricordi la memoria per queste atrocità, e finché le riconosciamo tutti come tali, abbiamo la possibilità di non doverle vivere più da protagonisti, né noi né i nostri posteri.