Punti chiave
Come gestiremo l’intelligenza artificiale? Come fare in modo che macchine dall’intelligenza sempre più spiccata riescano a rimanere agli ordini degli esseri umani e raggiungano gli obiettivi utili all’umanità intera? e come manterremo il controllo su delle macchine sempre più intuitive ed intelligenti?
Stuart Russell
Una delle principali voci sul tema è quella di Stuart Russell, professore di Computer Science all’Università della California e dirigente del centro per l’intelligenza artificiale presso Barkley.
“Per comprendere l’evoluzione della intelligenza artificiale – spiega Russell – è necessario innanzitutto fare un po’ di storia. Nella metà degli anni ’80, l’idea che l’intelligenza artificiale potesse entrare nel mondo reale era già stata sdoganata da diversi film e libri di fantascienza.
I ricercatori erano impegnati a costruire dei sistemi che erano essenzialmente delle suite di regole per affrontare determinati tipi di problemi: si trattava di affrontare diagnosi mediche, configurare un supercomputer, o gestire macchine complesse. In quell’epoca vennero sviluppati migliaia di sistemi, ma la maggior parte di questi non funzionava al 100% nel mondo reale.
Questo perché più si aggiungono regole ad un sistema informatico e più questo inizia a sbagliare. Partì quindi un processo di miglioramento graduale: innanzitutto si accumularono tanti problemi da risolvere, alchè si svilupparono teorie via via sempre migliori e si perfezionarono le conoscenze che si avevano.
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale non fu omogeneo: ci furono periodi in cui le conoscenze si propagarono più velocemente e altri periodi durante i quali lo sviluppo parve entrare in crisi. Un passo di svolta fu il cosiddetto “Deep Learning”. Si tratta di una metodologia per cui i sistemi sono in grado di imparare dall’analisi dei dati e dal confronto delle informazioni che emergono dopo un errore.
Questo fu fondamentale per sviluppare tecnologie come il riconoscimento vocale, la capacità di distinguere le immagini o la traduzione simultanea.
Il miglioramento delle abilità
A partire dal 2012, gli scienziati hanno osservato un rapido miglioramento delle abilità di questi sistemi nel riconoscere gli oggetti e le immagini e svolgere altri compiti intelligenti. Ed è quello che sta succedendo anche adesso, cosa che sta attirando una enorme quantità di investimenti, una serie di startup e lo sviluppo di una vasta gamma di applicazioni come le auto a guida automatica.
L’impatto delle tecnologie di intelligenza artificiale e già oggi significativo: l’esempio principale sono le auto che si guidano da sole. E’ una novità che ha dato luogo ad una industria rivoluzionaria del valore di miliardi di dollari. Nelle previsioni degli scienziati, ognuno sarà più sicuro camminando per strada, la mobilità cittadina migliorerà in diversi stati del mondo e ridurremo gli ingorghi stradali.
Questo dovrebbe permetterci, nella migliore delle ipotesi, di ridisegnare le nostre città, molte delle quali avranno delle zone di parcheggio più ampie e tratti meno congestionati
Ma le tecnologie di intelligenza artificiale coinvolgono anche aspetti che sono meno visibili: non molto tempo fa i motori di ricerca non esistevano nemmeno. Ora invece gli algoritmi intelligenti scandagliano costantemente il web per individuare nuovo materiale e integrarlo all’interno di un modello per svolgere funzioni che ci sono utili.
Quando noi eseguiamo una ricerca su internet, il sistema prova a restituire una risposta fornendoci dati ai quali potremmo essere maggiormente interessati. I motori di ricerca rappresentano già un elaborazione estremamente complessa e una applicazione di intelligenza artificiale decisamente avanzata, già adesso utilizzata da miliardi di persone ogni giorno.
I sistemi comprenderanno le nostre intenzioni
Nel prossimo decennio dovremmo assistere a un reale progresso nella comprensione dei linguaggi, tale che i sistemi non saranno solamente capaci di riconoscere che cosa stiamo dicendo al nostro telefono o al nostro home-assistant. I sistemi saranno in grado di comprendere le nostre intenzioni, di sostenere delle conversazioni con noi e di imparare le nostre abitudini e i dettagli della nostra vita, in modo da diventare degli assistenti realmente utili nella quotidianità.
Probabilmente queste intelligenze artificiali saranno paragonabili agli assistenti personali che oggi accompagnano gli amministratori delegati o i politici. Solo che anziché costare decine di migliaia di dollari all’anno, saranno vendute per 99 centesimi. Questo significherà certamente che l’intelligenza artificiale diventerà parte delle nostre vite. E non solo interagiremo ogni giorno con queste strumentazioni, ma esse diventeranno essenziali per gestire la nostra routine quotidiana.
Anche l’educazione di questi sistemi è un’altra vasta area di interesse. Al momento attuale, l’intelligenza artificiale è in grado, sotto forma di risposta a domande che gli poniamo, di fornirci dati relativi a qualcosa che ha già imparato. Ma questo cambierà: avremo a disposizione dei sistemi di autoapprendimento estremamente sofisticati, che permetteranno ai computer di fornire delle risposte, anche se non hanno in memoria i dati.
Saranno così in grado di concepire, come la mente umana, delle frasi e dei concetti che non hanno avuto modo di apprendere in precedenza.
Se guardiamo ancora più lontano, inizieremo ad avere un’idea più dettagliata di quello che sarà l’intelligenza artificiale nei prossimi decenni. I sistemi non saranno capaci solamente di risolvere uno specifico problema o seguire un determinato compito per il quale sono stati programmati, ma saranno in grado di collaborare con noi ed eseguire l’intera gamma di azioni che un essere umano può pensare.
La strada per arrivare ad uno scenario del genere comunque è ancora lunga è difficile. Predire quanto tempo ci vorrà per arrivare a dei sistemi così sofisticati è molto difficile, in quanto non si tratta solamente di una questione di quantità o potenza di calcolo. Non si tratta solamente di creare delle macchine che possano gestire più dati, in quanto macchine più potenti possono paradossalmente rispondere con maggiore imprecisione.
Come i pappagalli
Abbiamo bisogno di sviluppare invece dei percorsi concettuali per migliorare la precisione dei sistemi di intelligenza artificiale. Per fare un esempio immediatamente comprensibile: i computer sono simili a dei pappagalli, che riconoscono una serie di istruzioni legate alla nostra comunicazione e sanno già come rispondere, ma non sono in grado di leggere un libro, capirne dei concetti e rispondere a seconda delle nostre domande.
Abbiamo quindi bisogno di superare dei determinati limiti e raggiungere una reale comprensione del linguaggio da parte delle macchine per realizzare delle organizzazioni complesse nel mondo reale e avere dentro di sé una serie di processi per la scoperta di nuove informazioni.
Le macchine non sono ancora in grado di fare tutto questo, e per sviluppare tale capacità sono necessari dei percorsi concettuali che vanno sviluppati. Ritengo comunque che entro i prossimi 10 anni avremo un evoluzione significativa: molti ricercatori di intelligenza artificiale amano dire che è come se fossimo nel Medioevo, in attesa di qualche cosa che ridisegnerà le capacità dell’ intelligenza artificiale globale.
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale può essere paragonato a un sistema evolutivo dove gli scienziati creano degli ambienti simulati dove le creature possono evolvere. Queste partono con un codice genetico simulato, al quale possono essere aggiunte delle funzioni che permettono a queste creature di riprodursi. Gli scienziati di intelligenza artificiale vogliono fare realmente questa serie di test con prototipi di uomini e animali, per vedere quanto saranno in grado di spingersi e quanto velocemente le macchine potranno evolversi.
Hanno bisogno di creare ambienti in cui i piccoli robot possono crescere, calcolare quanto velocemente si possono muovere e quali sono le applicazioni che gli consentono di migliorare le prestazioni più rapidamente possibile. Ci troveremo certamente di fronte a robot capaci di evolvere molto presto ma con dei punti deboli importanti oppure altre situazioni in cui la crescita sara molto più lenta ma più stabile.
Tuttavia, quando queste macchine raggiungeranno il mondo reale, ci saranno degli enormi effetti collaterali.
Per esempio: tutti gli algoritmi che abbiamo sviluppato per i social media sono pensati per gli esseri umani. Tutti gli algoritmi che utilizziamo per la pubblicità online sono strutturati per gestire i click umani, il modo con cui il nostro cervello scansiona una pagina web così come altre metriche per la monetizzazione dei video di YouTube, non sono concepite per i robot.
Gli attuali algoritmi su cui si basano i social media sono molto semplici e non prendono minimamente in considerazione la possibilità di interagire con un robot. Per questo ritengo che i prodotti robotici, una volta arrivati sul mercato, conosceranno dei primi grandi fallimenti, almeno sino a che non saremo capaci di adattare il mondo reale alla presenza di queste intelligenze artificiali.
Fino a dove potrebbero spingersi le intelligenze artificiali?
Probabilmente le macchine saranno in grado di capire e afferrare l’esistenza di un obiettivo da raggiungere, comprendere quando questo non è stato raggiunto completamente, eseguire alcuni tentativi e nel caso in cui questi siano sbagliati, cercare di comunicare agli esseri umani di che cosa hanno bisogno per completare la missione.
Uno dei problemi principali è che le macchine non sanno esattamente quale sia l’obiettivo. Se un robot deve afferrare una mela, siamo portati a credere che la macchina sappia esattamente che l’obiettivo è prendere nella sua mano meccanica tale oggetto.
Ma questo è un errore; non sempre, anzi quasi mai, le macchine hanno la esatta consapevolezza del mondo fisico attorno a loro e di cosa noi vogliamo. Potrebbe trattarsi di una conoscenza parziale, per cui le macchine sono costrette ad eseguire dei calcoli probabilistici per cercare di capire qual è l’obiettivo.
L’esempio più calzante è quando cerchiamo di indovinare le previsioni del tempo. Possiamo capire cosa probabilmente ci riserverà il domani, ma non riusciamo ad avere la certezza della temperatura e delle condizioni atmosferiche che si verificheranno fra 24 ore. La stessa cosa accade ai computer quando cercano di capire quello che noi vogliamo da loro.
E finché le macchine non hanno l’esatta consapevolezza degli obiettivi che noi desideriamo, potrebbero assumere dei comportamenti diversi da quelli previsti. Questo significa che almeno in una fase iniziale dovremmo realizzare dei robot in grado di chiedere il permesso per svolgere i compiti, in modo da prevenire dei comportamenti inappropriati ed evitare azioni catastrofiche.
In gergo tecnico usiamo dire che i robot ragionano esattamente come nella teoria dei giochi.
La teoria dei giochi studia le metodologie per prendere delle decisioni corrette laddove c’è più di una modalità di arrivare all’obiettivo. Si tratta di una teoria che viene utilizzata per le tattiche militari, per i mercati finanziari e tutti i tipi di problemi che affliggono il mondo reale. Per le macchine sarà lo stesso: i robot potranno raggiungere l’obiettivo in più modi diversi e per capire il metodo migliore dovranno collaborare con l’essere umano. Proveranno certamente ad aiutare l’uomo senza chiedergli informazioni, ma alla fine sarà il suo “padrone” ad avere il controllo della situazione e ad avere ben chiaro in mente quale sia il reale obiettivo finale.
Per questo le macchine dovranno necessariamente risolvere in continuazione dei piccoli enigmi per cercare di agganciare il comportamento preferito dagli esseri umani.