Un giorno potrebbe capitarvi di essere scartati ad un colloquio di lavoro perchè l’esaminatore vi parla di un oscuro punteggio Klout di cui non sapete nulla. Oppure potreste viaggiare con la Cathay Pacific, e scoprire misteriose stanze riservate a utenti Klout che non essendo meschini come voi godono di un trattamento privilegiato.
Scoprire Klout – Protagonista di questi ambigui fenomeni, la nuova piattaforma Klout, che si propone di misurare l’influenza delle persone sui social network: “Scopri e fatti riconoscere per come influenzi il mondo”, si legge nella home page del sito. La pagina di registrazione ci chiede:
- Se siamo degli influencer per motivi personali o per conto di un marchio
- Il collegamento con i social su cui siamo presenti, da Twitter a LinkedIN, passando per Foursquare, il nostro canale video di Youtube, o, se abbiamo un blog, Blogger o WordPress.
Da notare che Klout richiede l’autorizzazione ad un accesso totale ai nostri dati, compresa la password e la possibilità di pubblicare contenuti. La procedura prosegue con:
- La richiesta di indicare gli amici sui social con i quali siamo in contatto
- La scelta delle persone che ci influenzano, sempre nella cerchia degli amici
- Gli argomenti che trattiamo più di frequente
Il profilo Klout – Al termine della procedura, in una gradevole grafica arancione, compare il nostro profilo. A sinistra l’avatar, l’immagine che ci rappresenta virtualmente, con il punteggio complessivo di influenza da un minimo di 1 ad un massimo di 100. Nel pannello di controllo, il riassunto delle nostre attività sui social che abbiamo collegato, con grafici a diagramma e a torta.
La parte centrale del profilo è costituita dai “Moments“, un elenco di qualsiasi nostra attività che abbia generato una reazione nella cerchia dei nostri amici. A fianco, l’elenco delle persone che ci influenzano con i rispettivi punteggi e gli argomenti nei quali siamo attivi.
Per entrare in contatto con gli altri utenti Klout possiamo cercare il nome di una persona o navigare attraverso gli argomenti per scoprire le persone più influenti in quel campo ed esplorare i loro profili scoprendo chi influenzano e da chi vengono influenzati. L’unica interazione consiste nel tasto +K, un bottone che ci permette di regalare un “punto d’influenza” ad un utente in un argomento, che andrà ad incrementare complessivamente il suo punteggio generale.
Klout si dimostra una piattaforma originale: oltre a non essere basata sui contenuti, ma sul concetto di influenza da visualizzare e monitorare, dimostra di aver saggiamente prelevato le migliori idee dai diversi social network: gli amici da Facebook, l’elenco dei momenti in stile Twitter, gli argomenti da LinkedIN e il tasto +K, che riprende Google Plus.
Il calcolo del punteggio – Elemento fondamentale del sistema è il calcolo del punteggio di influenza. Il sito spiega a grandi linee il suo metodo. La prima variabile è la quantità di social su cui siamo presenti e attivi, che ci permette ovviamente di influenzare una platea più o meno ampia.
Il secondo parametro risiede nella reattività della propria rete di amici: Klout lo dice chiaramente, non importano gli amici o i follower in senso assoluto, quello che più conta è il numero delle reazioni e interazioni che un nostro contenuto genera nella cerchia dei nostri conoscenti. Per questo un utente con 1000 follower che pubblica una battuta e ottiene 10 reazioni, verrà in realtà superato da un altro che con soli 35 amici ottiene 31 risposte.
Importante anche la costanza nelle relazioni social: nulla può modificare repentinamente il punteggio di Klout, gli account più stimati sono quelli che dimostrano una attività solida ed efficace nel lungo periodo, quello dei 90 giorni.
Il sistema dei Perks – Un influencer, in teoria, è in grado di convincere le persone ad acquistare un prodotto. L’aspetto commerciale è dunque uno dei più importanti di Klout. Le principali aziende americane stanno stringendo degli accordi con Klout il quale, in base al punteggio, località di residenza dell’utente e argomenti in cui è influente, assegna ai suoi iscritti i “Perks“, campioni gratuiti o prove omaggio di prodotti commerciali.
L’utente può poi scegliere di non farne parola con nessuno, o di pubblicare una recensione di quel prodotto, il che diventa per lo sponsor una pubblicità da una persona influente nella sua categoria merceologica.
Di esempi concreti non ne mancano: la Red Bull in collaborazione con Mini regala un pacchetto di 4 bibite energetiche e un pass per una prova su strada della nuova Mini Cooper agli utenti di Montreal, in Canada, ottenendo tutte recensioni positive.
Fa lo stesso Neutrogena, che ha donato un campione della sua crema esfoliante e della lozione per il viso di nuovo agli utenti canadesi, guadagnandosi complimenti su Klout e una pagina celebrativa su Facebook. Anche Apple regala un anno di licenza per l’applicazione di condivisione foto “Revel“, ottenendo però alcune critiche da utenti che non erano riusciti a scaricare il software.
Ma guardando al nostro paese il meccanismo dei Perks risulta insolito e non del tutto convincente: “Le imprese italiane sono ancora lontante da un sistema del genere – spiega ad Alground, Andrea Barchiesi, Amm. Delegato di Reputation Manager – sono attualmente ad uno stadio “precedente” dedicato al controllo dei luoghi dove si parla dei loro prodotti, ovvero siti, blog e i social network.”
E su quello che potrebbe entusiasmare, Barchiesi frena: “Il meccanismo del regalo non è pericoloso in sè, ma ripeto spesso che la rete ha gli anticorpi: gli influencer che scrivono e gli utenti che leggono potrebbero pensare che le aziende vogliono comprarli e manipolarli, e questo potrebbe scatenare delle reazioni violentissime”.
Secondo l’analisi di Barchiesi solo il tempo e l’evoluzione della cultura dell’utente potrà dirci se il sistema dei Perks potrà attecchire, ma dal punto di vista dell’efficacia commerciale avvisa: “Essere influenti su Klout, che è poi semplicemente un sito privato, non significa nè essere capaci di vendere un prodotto, nè di essere vicini ai valori del marchio“. Un utente autorevole nel campo della telefonia ma che “ha simpatie filonaziste” è l’esempio di Barchiesi per far comprendere quanto l’influencer possa essere lontano dai valori aziendali.
“Se un cliente mi chiedesse di gestire il suo account su Klout – conclude l’ingegnere reputazionale – preferirei dirottarlo verso altri sistemi più precisi e basati su un campione più rappresentativo del suo mercato”.
Roberto Trizio