Il recente vertice di Londra ha segnato una svolta cruciale per il futuro dell’Europa e per la sua posizione nel conflitto ucraino. Un summit che ha visto la partecipazione di sedici leader europei ed extraeuropei, tra cui il primo ministro britannico Keir Starmer, il presidente francese Emmanuel Macron, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e la premier italiana Giorgia Meloni.
Dal confronto è emerso un messaggio chiaro: l’Europa è disposta ad assumersi una parte significativa degli oneri legati alla difesa e alla ricostruzione dell’Ucraina, ma resta il nodo dell’appoggio degli Stati Uniti.
Questa iniziativa, promossa in particolare da Regno Unito e Francia, si basa su quattro obiettivi fondamentali. Il primo riguarda il rafforzamento della posizione dell’Ucraina, che passa attraverso il rilancio degli aiuti militari e il mantenimento della pressione economica su Mosca. Il secondo obiettivo consiste nel raggiungimento di un cessate il fuoco che possa rappresentare il primo passo verso una pace che sia allo stesso tempo giusta e duratura. Il terzo punto si concentra sulla necessità di tutelare la sovranità dell’Ucraina, garantendo che il Paese mantenga il controllo del proprio territorio senza dover cedere parti di esso come condizione per la fine della guerra. Infine, il quarto aspetto riguarda la creazione di un sistema di garanzie di sicurezza che possa fornire a Kiev un deterrente credibile nei confronti di future aggressioni da parte della Russia.
Questa proposta ha un duplice obiettivo. Da un lato, si punta a rafforzare il ruolo politico e militare dell’Europa nel conflitto, dimostrando agli Stati Uniti che il Vecchio Continente è capace di assumere una leadership autonoma. Dall’altro, si cerca di convincere l’amministrazione americana a non abbandonare del tutto il sostegno all’Ucraina, dimostrando che l’Europa è pronta a farsi carico di una parte maggiore delle spese militari e della gestione della crisi.Tuttavia, l’idea di una “coalizione di volenterosi”, termine utilizzato per descrivere questa alleanza pro-Ucraina, solleva non poche perplessità.
L’espressione evoca infatti ricordi scomodi, in particolare l’intervento in Iraq del 2003, quando gli Stati Uniti e il Regno Unito, sotto le amministrazioni di George W. Bush e Tony Blair, decisero di agire senza un consenso unanime della comunità internazionale. Questa associazione storica fa temere che anche questa nuova iniziativa possa rischiare di spaccare l’Europa invece di rafforzarla.
Keir Starmer, consapevole di queste critiche, ha cercato di rassicurare gli alleati spiegando che il piano non intende escludere gli Stati Uniti, bensì lavorare con loro. Nonostante ciò, alcune perplessità restano, soprattutto da parte della premier italiana Giorgia Meloni, che ha espresso dubbi sulla possibilità di un coinvolgimento diretto di peacekeeper europei in Ucraina. La sua preoccupazione è che questa scelta possa essere interpretata da Mosca come una provocazione e quindi alimentare ulteriormente le tensioni, piuttosto che ridurle.
Nel frattempo, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha sottolineato la necessità di un riarmo europeo, affermando che il continente deve essere pronto a difendersi in autonomia. La guerra in Ucraina ha messo in luce le debolezze militari dell’Europa, che per troppo tempo ha delegato la propria sicurezza alla NATO e quindi agli Stati Uniti. Per rispondere a questa sfida, l’iniziativa anglo-francese prevede un graduale aumento della spesa per la difesa, con l’obiettivo di portarla a una media compresa tra il 3 e il 3,5% del PIL di ciascun Paese europeo.Regno Unito e Francia si sono già mosse in questa direzione con azioni concrete. Londra ha annunciato un prestito di 2,7 miliardi di euro destinato all’acquisto di armi per Kiev, finanziato attraverso i profitti degli asset russi congelati. A questo si aggiunge lo sblocco di un fondo pubblico da 30 miliardi di euro, inizialmente destinato a infrastrutture civili, che ora potrà essere utilizzato anche per scopi militari. Inoltre, il governo britannico ha promesso un ulteriore stanziamento di 2 miliardi di euro per rafforzare la difesa aerea ucraina, con l’invio di 5000 missili.
Un altro elemento chiave in questa partita è il ruolo degli Stati Uniti, Donald Trump, sempre più critico nei confronti dell’assistenza militare all’Ucraina, ha più volte lasciato intendere che Kiev dovrebbe negoziare direttamente con Mosca, anche a costo di fare concessioni territoriali. Il suo entourage ha continuato a esercitare pressioni su Zelensky affinché accetti un negoziato che coinvolga anche la Russia, una prospettiva che il governo ucraino considera inaccettabile. Alla luce di questa incertezza, l’Europa cerca di dimostrare che può prendersi una maggiore responsabilità nella gestione della crisi, anche per convincere Trump che un impegno americano, seppur ridimensionato, resta comunque essenziale.
Tuttavia, non è scontato che Trump accetti questo compromesso. Il rischio è che gli Stati Uniti riducano drasticamente il loro sostegno, lasciando l’Europa sola a fronteggiare la minaccia russa. Il vertice di Londra ha quindi portato alla luce una verità scomoda: l’Europa non può più permettersi di dipendere interamente dagli Stati Uniti per la propria sicurezza. La guerra in Ucraina ha accelerato il dibattito sull’autonomia strategica europea, ma al suo interno esistono profonde divisioni. Da un lato, Francia e Regno Unito spingono per una maggiore indipendenza nella gestione della sicurezza continentale, convinti che l’Europa debba dotarsi di una propria capacità di difesa.
Dall’altro, Paesi come l’Italia e la Polonia insistono sulla necessità di mantenere saldo il legame con Washington, temendo che un’Europa troppo autonoma possa indebolire la NATO. Questa spaccatura interna rappresenta una sfida cruciale per il futuro del continente. Se l’Europa vuole davvero giocare un ruolo decisivo nello scenario internazionale, dovrà dimostrare di essere capace di agire con unità e determinazione, sviluppando una politica estera e di difesa comune.
Al contrario, se continuerà a oscillare tra il desiderio di autonomia e la dipendenza dagli Stati Uniti, rischia di rimanere vulnerabile e incapace di rispondere alle minacce in modo efficace.Il summit di Londra ha segnato un passo importante nella ridefinizione del ruolo europeo nella guerra in Ucraina, ma resta da vedere se l’iniziativa anglo-francese potrà tradursi in azioni concrete o se resterà soltanto una dichiarazione d’intenti. Le prossime settimane saranno decisive per capire se l’Europa riuscirà a trasformare le promesse in realtà o se continuerà a muoversi in un limbo diplomatico, in attesa delle mosse di Washington. L’interrogativo centrale rimane aperto: l’Europa è davvero pronta a prendersi questa responsabilità o resterà ancora una volta a metà strada tra autonomia e dipendenza?