Punti chiave
Google e Bing hanno unito le loro forze per contrastare la pedofilia online filtrando i risultati, attraverso un nuovo algoritmo estremamente complesso, che già ora, secondo le promesse degli esperti, ha rimosso circa 100mila pagine web compromettenti, e che sarà in grado di “imparare” nel corso del tempo, per evitare che casi come quello di April Jones, la bambina di 5 anni rintracciata dal proprio aguzzino sul web, non possano più verificarsi.
La censura dei risultati
La notizia pubblicata dal Daily Mail, lo spiega chiaramente: Google e Bing hanno messo al lavoro da alcuni mesi 200 fra i loro migliori programmatori al fine di elaborare un nuovo algoritmo in grado di bloccare le ricerche a sfondo pedopornografico: fra le contromisure verranno disattivati i suggerimenti automatici che solitamente compaiono nella barra della ricerca, saranno bloccati i risultati perché il pedofilo non possa accedere a contenuti per lui interessanti, e a detta di Google sarebbero già 100mila i risultati pericolosi già spariti, oltre ad un’importante forma di censura sui video, in collaborazione con Youtube, che rimuoverà i contenuti multimediali sia del video originale che, attraverso un ID, degli eventuali duplicati sparsi nella rete.
All’utente che ha tentato di accedere ad un certo tipo di risorse, verrà mostrato un messaggio che lo avviserà dell’impossibilità di proseguire con le sue ricerche, oltre a dei link per potersi mettere in contatto con dei centri di recupero specializzati.
Una difesa “dinamica”… che non basta
L’iniziativa è in fase di test nel Regno Unito, ma verrà diffusa in 158 lingue entro pochi mesi, per creare una rete di protezione globale a difesa dei minori. Ma le nuove contromisure non si limiteranno ad una censura iniziale: l’algoritmo infatti avrà la capacità di imparare dalle ricerche nel corso del tempo, per rimanere sempre aggiornato ed eseguire una difesa proattiva, anche grazie alla collaborazione con la Internet Watch Foundation (IWF) e lo US National Center for Missing and Exploited Children (NCMEC), specie per il blocco dell’enorme database di fotografie pedopornografiche reperibili online, che garantiranno al servizio una particolare velocità e completezza.
Le principali associazioni a difesa dei minori non possono che plaudere all’alleanza stretta fra il motore di ricerca di Mountain View e quello di Redmond, sebbene pongano l’accento sul fatto che i pedofili sono soliti creare delle reti private per la condivisione del materiale pedopornografico, sia per il mantenimento dell’anonimato che per poter condividere i dati in una ristretta cerchia di amici fidati, il che imporrà ai due motori un ulteriore lavoro per colpire anche queste reti più difficilmente raggiungibili.
Mai più Mark Bridger
Da tempo si invoca una seria presa di posizione da parte dei motori di ricerca sull’argomento, ma la causa della libertà di informazione aveva sempre portato i colossi del web a dichiarazioni puramente formali. E’ stato certamente il caso di April Jones a smuovere la situazione: la bambina britannica di appena 5 anni è stata letteralmente rintracciata dal suo aguzzino, il pedofilo Mark Bridger, 46 anni, che prima attraverso Google e successivamente su Facebook, ha trovato il modo di raggiungere fisicamente la vittima, brutalmente abusata e uccisa, senza che nemmeno si sia ancora ritrovato il suo corpo.
La sollevazione popolare e l’indignazione globale avevano spinto già nei mesi scorsi il Premier inglese David Cameron a richiedere con forza ai principali operatori mondiali di connessione alla rete un intervento in questo senso, e le lunghe ma serrate trattative con Google e Bing hanno portato all’odierna implementazione di queste nuove misure di sicurezza.
E’ certo che un primo passo è stato fatto, e finalmente chi può concretamente fare qualcosa ha deciso di muoversi: e se da poche settimane è stato celebrato il funerale con delle esequie simboliche di April, si può dire che la piccola vittima inconsapevole ha di fatto smosso le coscienze dei potenti della terra. Qualcosa che avviene raramente.