Punti chiave
220.000 utenti i cui telefoni sono improvvisamente diventati muti e inservibili: è così che l’avventura del gestore telefonico low cost Bip Mobile è improvvisamente naufragata, lasciando nell’incertezza e nel timore di aver perso il proprio credito telefonico tutti coloro che avevano dato fiducia ad una start-up italiana.
E piuttosto intricato, oltre che quasi penoso, è stato il rimpallo di accuse successivo al distacco delle linee telefoniche, nelle quali incomprensibili dinamiche aziendali avevano il solo denominatore comune di arrecare disagio agli utenti, rimasti impotenti a guardare uno dei più clamorosi fallimenti nel mercato mobile degli ultimi anni.
Bip Mobile e il suo Manager
E dire che l’avventura di Bip Mobile era partita come progetto rivoluzionario: l’azienda è stata costituita a Roma nel marzo del 2012 con un capitale sociale di 100mila euro e un budget di 10 milioni per gli investimenti pubblicitari. A guidare l’iniziativa, in qualità di fondatore ed amministratore delegato, il manager Fabrizio Bona, figura di rilievo e allo stesso tempo controversa, la cui storia è indicativa per capire come può essere stata gestita la Bip Mobile.
Nato a Licata in provincia di Agrigento, Bona inizia nel 1989 come consulente nella Inside Consulting, passando nel quadriennio ’90/’94 a lavorare allo sviluppo dei prodotti Tim, che allora si chiamava ancora SIP. Dopo essersi fatto le ossa, Bona, sul finire del 1994, passa ad una nuova azienda chiamata Omnitel.
E’ appropriato dire che il manager è l’anima della nuova impresa: guida le scelte commerciali con mano sicura e particolarmente intraprendente, ed è sotto la sua gestione che questa si trasforma in Vodafone, diventando il primo vero gestore telefonico capace di strappare clienti all’impero della Telecom Italia e della sua società mobile TIM. E’ lui l’ideatore delle storiche pubblicità con protagonista la modella australiana Megan Gale, che sono entrate nella storia dell’advertising.
A questo punto Bona si trasferisce in Wind, a cui la liberalizzazione del mercato ha permesso di emergere, ma durante il suo incarico l’azienda viene coinvolta nello scandalo GSM Box: la trasmissione Report, in onda su Raitre, racconta che la Wind avrebbe dato l’incarico di rivendere le sue schede telefoniche a due aziende in franchising, Elledue ed Ellegroup, entrambe gestite dall’imprenditore Venerino Lo Cicero. In realtà, secondo il servizio dei giornalisti di Rai 3, queste due imprese attivavano un consistente numero di schede SIM intestandole a nomi falsi o ad extracomunitari, per poterle inserire in quella che è stata chiamata “Scatola magica”, la GSM Box.
Questo strumento è capace di trasformare il traffico da fisso a mobile, particolarmente costoso, a mobile/mobile, decisamente più economico, per poter poi rivendere le schede ai veri utenti finali. I clienti pagavano la tariffa a prezzo pieno, ma grazie alla GSM Box i costi venivano notevolmente abbassati, creando un margine di profitto illecito, quella che si chiama volgarmente “Cresta”, a totale insaputa della Wind, per un bottino totale, stimato al tempo, in 16 milioni di euro. Bona viene citato nel servizio di Report e sebbene non sia stato mai formalmente accusato né ci sia stato alcun procedimento giudiziario nei suoi confronti, il Manager lascia il comando dell’azienda.
E’ il 2009 e Franco Bernabè, a capo della Tim, fa di tutto per riaverlo al suo fianco, e così, dopo più di 10 anni, Bona ritorna al passato. Ma vuoi la crisi, vuoi scelte sbagliate, la sua gestione è tendenzialmente negativa e i ricavi si abbassano rapidamente del 10%. Bona, inoltre, che ha sempre guidato personalmente le campagne pubblicitarie, sceglie la modella Belen Rodriguez come protagonista degli spot, ma in quel periodo la ragazza è fidanzata con il noto paparazzo Fabrizio Corona, al centro di inchieste giudiziarie per estorsione di denaro e ricatto verso diversi VIP. Belen non rappresenta i valori aziendali e questo, assieme al calo dei profitti, è sufficiente per mandarlo via, dopo appena un anno di lavoro.
La tattica di Bip: low cost, chiamate internazionali e il DS 100
E’ dopo tutto questo che Fabrizio Bona decide di mettersi in proprio e lanciare la Bip Mobile, grazie a diversi finanziamenti. L’azienda punta tutto su tre elementi fondamentali: al primo posto le tariffe low cost, sull’esempio della concorrente francese Free Mobile, che ha fatto grande successo: è possibile navigare sul web a 5 euro al mese, eseguire 500 minuti di chiamate verso tutti sempre a 5 euro mensili, o godere di 200 minuti di chiamate e 2 gigabyte di navigazione a 6 euro. Offerta di punta: tutto incluso a 19.90 al mese.
Tariffe estremamente competitive, che dovrebbero aprire un varco in un mercato affollatissimo, alle quali si aggiunge il secondo elemento strategico: una serie di tariffe internazionali per chiamare Albania, Marocco e Romania, ma anche telefoni fissi e mobili di Cina e India allo stesso prezzo delle telefonate nazionali. Infine, la Bip Mobile lancia il telefono DS 100, un dispositivo UMTS e Dual Sim all’irrisorio costo di 49 euro, che ricalca la tendenza di successo a dare in uso gratuito o riscattabile, un prodotto mobile che si ripaga con la tariffa o con rate infinitesimali.
Bip Mobile si basa sulla rete della 3 Italia che garantisce l’accesso alla linea e la copertura, mentre la compagnia danese Telogic, già fornitrice di importanti concorrenti e garanzia nel settore, si occupa della distribuzione, dei servizi tecnologici e della attivazione e disattivazione delle promozioni. E’ così che parte l’avventura di Bip Mobile, attraverso delle simpatiche pubblicità che si basano sul cartone dello struzzo Bip Bip, da sempre in seguito da Willy Coyote.
L’investimento pubblicitario iniziale è decisamente importante, eppure emergono durante i pochi anni di vita dell’azienda alcuni dettagli, che presi isolatamente non possono far capire nulla in particolare, ma che forse sono segnali che qualcosa non funzionava. Innanzitutto alcuni problemi di banda che hanno interessato diversi utenti, così come l’attivazione delle Sim card, che anche se comprate direttamente nei negozi, richiedono molto tempo per avviarsi. Contestualmente anche il dispositivo DS 100 non pare avere molto successo: gli utenti lo giudicano poco più che un arnese cinese di poco valore, che tra l’altro ha seri problemi nella durata della batteria.
Natale 2013: il crollo di Bip Mobile
Ma il vero capitombolo accade durante il Natale del 2013: improvvisamente i 220mila clienti della Bip Mobile, rimangono senza linea telefonica, nella totale impossibilità di effettuare e ricevere chiamate e messaggi. Anche la navigazione internet è del tutto bloccata, e le informazioni stentano ad arrivare: il servizio clienti è muto e sul sito di Bip compare solo un laconico avviso che spiega come i tecnici stiano lavorando per il ripristino dei servizi.
Ma i servizi non verranno mai ripristinati, e qui incomincia un rimpallo di spiegazioni e di accuse difficile da decifrare, ma dalla cui somma si può capire quello che potrebbe essere successo.
La prima a parlare è la Telogic, che afferma di registrare nei confronti della Bip Mobile un’insolvenza di 8 milioni di euro, il cui pagamento è stato più volte sollecitato e mai eseguito: i vertici Telogic spiegano di aver chiesto alla Bip perlomeno la presentazione di un piano di rientro, ma di non aver mai ottenuto alcun tipo di risposta e all’esasperato prolungarsi della situazione debitoria, sono stati costretti a staccare la linea.
I media e i giornali italiani lo dicono chiaramente: tutto è ora nelle mani di Bip Mobile, l’unica che possa fare qualcosa per risolvere la situazione. Nel frattempo Fabrizio Bona lascia la dirigenza, abbandona il suo incarico e verrà riassunto dopo qualche tempo nel management di Alitalia. Per questo ciò che rimane del gruppo Bip Mobile, pubblica sul sito un lungo comunicato ufficiale nel quale spiega la sua visione dei fatti.
I rimpalli di accuse
Stavolta la colpa sarebbe da attribuire alla 3G e alla Telogic, che avrebbero praticato dei prezzi all’ingrosso più alti di quelli che vengono fatti agli utenti finali: questa assurda politica, attuata per buttare fuori gioco la Bip Mobile, avrebbe costretto l’azienda a lavorare sottocosto e in perdita strutturale, nonostante siano stati fatti degli acquisti importanti come 500.000 Sim card. Il comunicato prosegue dipingendo la Bip Mobile come una vittima in lotta contro tutto: il primo agosto la Telogic è ufficialmente fallita e la Bip ha combattuto in ogni modo per mantenere il servizio ai propri clienti, arrivando anche a pagare direttamente i sotto fornitori della Telogic, la Capernow e la Materna GmbH, cercando di mantenere le linee attive.
Tuttavia il comportamento di Telogic sarebbe ulteriormente peggiorato in quanto già ad ottobre, e senza alcun tipo di preavviso, sarebbero stati sospesi i servizi di segreteria agli utenti così come la banda sarebbe stata drasticamente e ridotta a pochi byte. Una serie di problemi che la Telogic avrebbe giustificato con errori tecnici che non avrebbe mai risolto, fino ad un ingiustificato e arbitrario distacco della linea.
Insomma, il comunicato estremamente duro cerca di posizionare la Bip Mobile come azienda ingiustamente sfruttata e attaccata, che ha tentato con tutte le forze di rimanere in piedi e che lancia anche l’appello agli utenti volto a conservare la loro fiducia, spiegando che se la Bip dovesse morire, i prezzi sarebbero lievitati ulteriormente venendo a mancare un importante protagonista del mercato.
Abbastanza rapida giunge la replica delle aziende citate in causa: la prima è la Telogic che non entra nel merito della questione, ma definisce come “diffamatorie e deliranti” le frasi della Bip: anzi l’azienda avrebbe esteso la propria portabilità per permettere agli utenti di raggiungere altri operatori attuando il comportamento il più responsabile possibile. La 3 Italia risponde più precisamente alle accuse, dichiarando come totalmente falso il discorso dei prezzi all’ingrosso: solo Bip ha dei problemi simili, mentre gli altri riescono ad essere perfettamente concorrenziali.
La 3 inoltre non avrebbe alcun contratto diretto con la Bip, quanto piuttosto con Telogic che sebbene non abbia a sua volta onorato i debiti e una delibera della Agcom permetterebbe il distacco della linea, il management di 3 ha deciso di continuare a offrire il servizio come senso di responsabilità nei confronti degli utenti finali.
L’intervento di AGCOM
E’ difficile dare dei giudizi e la situazione verte ora su una Bip vittima ed eroica sostenitrice dei diritti degli utenti, ora su una azienda mal gestita che non sa come giustificarsi. A dirimere la situazione interviene la Agcom, che il 7 gennaio 2014 convoca i rappresentanti delle tre aziende: durante l’incontro, particolarmente teso, vengono fatti espliciti complimenti al comportamento della compagnia 3, per il suo sostegno verso i clienti tra l’altro non suoi.
Ma il centro del discorso è la tutela degli utenti e la Agcom impone due linee direttive: per prima cosa deve essere garantita la portabilità, ovvero la possibilità di cambiare il proprio operatore mantenendo lo stesso numero di cellulare. Per fare questo l’agenzia, che aveva imposto il limite di 500 portabilità giornaliere alla Bip, innalza tale soglia alle 15mila, ordinando tempi stretti per eseguire il passaggio e permettendo ai clienti, in caso di ritardo, di chiedere un indennizzo di circa 2.5 euro al giorno. Dall’altro lato, il credito residuo al momento dell’interruzione del servizio dovrà essere garantito e trasferito al nuovo operatore per minimizzare il danno nei confronti degli utenti.
Il recupero di numero e credito
Sebbene la decisione della Agcom sia ovviamente condivisibile e auspicabile, ci si interroga immediatamente sulla reale fattibilità di tutto quello che è stato deciso.
Per quanto riguarda la portabilità del numero, l’innalzamento della soglia ha sostanzialmente risolto il problema e gli utenti stanno migrando in massa verso nuovi operatori che sono felici di accoglierli.
Più delicato il discorso relativo al credito residuo: il principale timore degli utenti sta nel fatto che la più grande azionista di Bip, la One Italia, è in liquidazione e questo significa che i soldi dei crediti attualmente non esistono, il che fa temere il rifiuto da parte degli operatori che ricevono i “profughi” di Bip Mobile, ad accettare nuovi clienti ai quali erogare un credito che non può monetizzarsi.
Ma diversi studi legali intervenuti sul tema, hanno precisato che non si tratta di soldi cash, ma di credito che deve essere concesso: agli operatori conviene utilizzare questo metodo per acquisire o recuperare i clienti, e le compagnie telefoniche potranno riottenere il valore del credito concesso direttamente dalla liquidazione di Bip o indirettamente tramite agevolazioni sotto stretta sorveglianza della Agcom.
Quello per cui purtroppo non c’è nulla da fare, sono invece le promozioni, che erano legate alla politica commerciale di Bip e che non potranno verosimilmente essere recuperate, e i materiali forniti ai rivenditori, che non hanno più alcun valore sul mercato. La Bip, oltre a rilanciare le accuse ai fornitori, ha comunque spiegato di voler continuare la sua avventura, chiedendo per esempio a Telogic la riattivazione della chiamate in entrata che non avrebbero costi aggiuntivi, ma è chiaro che al momento attuale la compagnia non è in grado di garantire servizi completi.
Morale della favola?
Cosa può insegnarci lo scandalo di Bip Mobile? in realtà riteniamo che questa volta il fallimento non sia dovuto a pratiche commerciali scorrette: dopotutto è stato accertato e riconosciuto che la 3 Italia, pur potendo staccare la linea, non l’ha fatto e allo stesso tempo i cartelli vengono pesantemente sanzionati dall’Antitrust. In fondo la Bip era riuscita ad accumulare 220mila utenti e altre realtà come CoopVoce, Noverca, Poste Mobile e Carrefour Mobile rappresentano una minoranza di mercato, che riesce tuttavia a lavorare.
In realtà lo scandalo di Bip deve insegnarci ad osservare le cose con attenzione ai particolari: dalle pubblicità non perfettamente professionali che tendono a non ripetersi nel corso del tempo, assieme a disguidi continui e al lancio sul mercato di prodotti decisamente insoddisfacenti come il DS 100. Sono tutti piccoli segnali, che devono mettere in guardia l’utente e che devono imporgli di aspettare fino a quando le proposte non saranno del tutto convincenti prima di passare ad un nuovo operatore.