Punti chiave
Gli ultimi cambiamenti alla privacy di Facebook hanno provocato allarme nei media e preoccupazione negli utenti. E se da un lato è giusto che un portale così importante sia un “sorvegliato speciale”, la differenza tra giornalai e giornalisti impone di inquadrare più correttamente quello che è avvenuto.
Riconoscimento facciale
La nostra rivisitazione ragionata parte dalla prima notizia che ha fatto scandalo: il riconoscimento facciale. Se prima era necessario taggare una persona in una foto attivamente, ora questo avviene tramite un software che, confrontando i volti di una foto caricata con le immagini dei profili, individua i protagonisti e offre una notifica: una sorta di “schedatura” degli utenti.
La prospettiva è impressionante, e deve essere tenuta sotto controllo perché non diventi invasiva, ma è necessario precisare che la funzione può essere disattivata con un meccanismo opt-out e che attualmente le regole di Privacy imposte dall’Unione Europea impediscono che l’opzione possa essere attivata anche qui da noi. Per ora dunque, stiamo parlando di qualcosa che ancora non c’è.
I nostri dati alle aziende?
Il secondo pericolo è stato invece intitolato: “Facebook userà i dati degli utenti per la pubblicità“, o ancora “Il tuo volto e il tuo nome potranno comparire nelle campagne di advertising“. A colpo d’occhio sembrerebbe che tutti i nostri dati finiranno a breve in campagne promozionali senza che si possa fare nulla. La realtà è che qualunque contenuto postato su Facebook diventerà di totale proprietà intellettuale dello stesso, e non solo se saremo noi a postarlo, ma anche se questo sarà condiviso da un amico.
Per togliere a Facebook questa possibilità sarà quindi necessario sia rimuovere il contenuto dal proprio profilo, sia chiedere di fare lo stesso anche a chi ha lo condiviso o riproposto, perché in caso contrario, Facebook continuerà ad averne la licenza. E anche qualora questo avvenisse, il portale impiega 90 giorni per cancellare il tutto dai propri server. Insomma, il social network vuole avere la certezza di poter fare quello che preferisce con i dati che sono pubblicati, senza pericoli di rivendicazioni e questo costringe a stare molto attenti a cosa si inserisce, specie se si tratta di materiale di cui vogliamo mantenere il copyright.
Ma l’altro lato della verità è che l’inoltro di questi dati alle aziende di pubblicità è semplicemente una fandonia. Facebook spiega chiaramente che non condivide i dati né i contenuti con terze parti, ma fornisce ai propri inserzionisti dati aggregati, impersonali e generali sugli utenti.
Le aziende, potranno ovviamente eseguire campagne pubblicitarie su Facebook, ma non verranno mai a conoscenza di dettagli. Non troveremo mai la nostra faccia in una pubblicità, insomma. Le aziende semmai potranno sapere che 20mila persone, in Lombardia, gradiscono la Coca-Cola Zero. Il che è ben diverso.
Tutto è più visibile
Terzo cambiamento su cui le dita sono state puntate è una proposta di modifica al testo sulla privacy, accusato di permettere a Facebook di rendere improvvisamente pubblico tutto quello che vuole, anche se prima era privato. La vecchia frase recitava:
[blockquote style=”1″]”Puoi usare le impostazioni sulla sicurezza per limitare il modo con cui il tuo nome e l’immagine del tuo profilo verranno associati a contenuto commerciale, sponsorizzato o relativo (come un marchio che ti piace) distribuito da noi”.[/blockquote]
Che nelle intenzioni di Facebook diventerà:
[blockquote style=”1″]”Ci dai il permesso di usare il tuo nome, la foto del tuo profilo, il tuo contenuto, e le informazioni in connessione con contenuto commerciale, sponsorizzato o relativo (come un marchio che ti piace) distribuito da noi. Se avrai selezionato uno specifico pubblico per il tuo contenuto o le tue informazioni, rispetteremo la tua scelta nel momento in cui lo useremo”.[/blockquote]
Le due frasi sembrano simili, tanto che il consulente alla sicurezza di Facebook, Ed Palmieri ha spiegato che “dicono la stessa cosa”. E qui Facebook va contraddetto. Il reale significato di questo cambiamento è: prima il contenuto dei profili, anche completamente pubblici, veniva sostanzialmente protetto dai motori di ricerca, perché Facebook aveva interesse ad ingolosire l’utente per ottenerne l’iscrizione.
Ora, con un miliardo e duecento milioni di iscritti, il portale non ha più questa esigenza: Facebook ha adesso bisogno di visite al pari di un media e dunque, con questo cambiamento, potrà mostrare sui motori di ricerca porzioni molto maggiori di un profilo per generare il traffico che serve ai suoi investitori pubblicitari. Questo tuttavia non significa che i nostri post privati diventeranno improvvisamente pubblici.
Niente profili segreti?
Altra notizia “di grido” è stata l’abolizione dei profili segreti. E anche qui si è paventata l’improvvisa pubblicazione di profili privati, i cui post dovevano essere resi nuovamente protetti modificandone le impostazioni uno alla volta. Anche in questo caso, si riassume con troppa superficialità.
Ad un esame più attento Facebook non dice mai, né nei comunicati attuali né nelle proposte di cambiamento, che lo stato dei profili o dei post verrà mai modificato, anzi, esiste un opzione che permette di rendere illeggibile al pubblico tutti i post realizzati fin dal momento dell’iscrizione. Nessun clamoroso “spiattellamento” dei propri segreti. E’ più corretto dire che i nostri contenuti privati sono ancora al sicuro ma da oggi in poi non sarà più possibile avere un profilo che non sia indicizzabile.
Tutto pubblico, anche per i minori
Il tema dei contenuti pubblici ha riguardato anche i minori e si è parlato di “post pubblici anche per i minorenni”. In questo caso la notizia è sostanzialmente corretta: se prima i profili dei minorenni potevano mostrare contenuti solo agli amici, e agli amici degli amici, ora anche un minore potrà pubblicare qualcosa di visibile a tutti. Ma a onor del vero, prima della pubblicazione un box avviserà il ragazzo che il proprio contenuto sarà visibile proprio a tutti, senza limitazioni, e Facebook ha aggiunto un video che invita i genitori a controllare i figli e a spiegare loro la nuova situazione.
In questo caso avremmo preferito che il cambiamento non fosse stato proposto e ci saremmo sentiti più tranquilli con le impostazioni precedenti, anche se senza un controllo dei genitori, il minore può comunque registrarsi come maggiorenne ed avere pieno accesso alle funzionalità.
L’inoltro alle terze parti
Ultimo importante elemento, il nuovo modo con cui Facebook ha definito l’inoltro dei dati degli utenti a terze parti, che forniscono ad esempio applicazioni in uso sul social.
Le nuove regole stabiliscono che nel momento in cui un utente attiva un’applicazione, Facebook inizia a fornire alla terza parte i dati necessari per il funzionamento dell’app scelta, e quando l’utente dovesse disinstallare l’opzione, il social network terminerà di condividere gli stessi con il partner, ma non potrà essere in nessun modo responsabile dell’ulteriore trattamento delle informazioni che la terza parte eseguirà.
In questo senso Facebook si allinea ai regolamenti di privacy che normalmente si applicano in questi casi, e troviamo regolare la proposta di cambiamento, visto che è ragionevole che Facebook si limiti a garantire l’integrità delle privacy sul suo portale, senza assumersi responsabilità di operazioni a lui esterne. L’utente dovrà quindi prestare attenzione ai permessi concessi alle applicazioni e al momento della disiscrizione non dovrà limitarsi ad annullare il tutto su Facebook, ma dovrà eseguire un’operazione simile anche presso il fornitore del servizio.
Privacy più difficile
Ha avuto meno riscontro presso i media, ma riteniamo di dover ricordare che Facebook traccerà con maggiore precisione i nostri dispositivi: se finora veniva registrata la posizione e il tipo di device, fisso o mobile, da cui ci si collegava, i regolamenti precisano che da oggi sarà tracciabile anche il tipo di device, il sistema operativo e altri dettagli relativi al browser.
Similmente, non ha trovato quasi spazio presso i giornali il dettaglio che Facebook sta complicando l’accesso alle impostazioni di privacy. Trovare i documenti relativi ai diritti degli utenti e alle politiche di riservatezza dei dati è abbastanza complesso e nel corso degli ultimi mesi sono sensibilmente diminuiti i link alle impostazioni di sicurezza, le quali, tra l’altro, non sono riassunte in un unico luogo ma sono divise in almeno sei categorie diverse: Privacy, Timeline e Tagging, Blocchi, Follower, Apps e Pubblicità.
Ecco cosa cambia per Facebook
Il significato delle ultime modifiche alla privacy di Facebook riteniamo sia strettamente legato allo scandalo relativo allo spionaggio internazionale: Facebook, assieme ad altri colossi del web, ha dovuto ammettere che i servizi segreti hanno richiesto dati personali, e ha cercato di recuperare un valore di trasparenza nei confronti degli utenti rilasciando mensilmente un report dettagliato in cui comunica il numero di richieste ufficiale di inoltro dei dati.
Ma le regole fino ad ora vigenti, permettono agli utenti di rivalersi sulla proprietà dei dati, mentre gli ultimi cambiamenti, specie attraverso il discorso della proprietà intellettuale, consentono sostanzialmente al social di girare i nostri dati alla NSA in modo libero e incontestabile, una mossa che permette di continuare a fare ciò che è sempre stato fatto ma, alla luce dello scandalo, con le mani più libere e con meno rischi di azioni legali.
Riteniamo invece errato l’allarme circa l’inoltro di dati alle aziende pubblicitarie: se lo facesse Facebook otterrebbe enormi guadagni nell’immediato, ma alla lunga, oltre a provocare una sollevazione mondiale, perderebbe il tesoro di informazioni che lo rende tanto appetibile. Al social conviene mantenere l’assoluta riservatezza del suo patrimonio e di darlo in uso alle agenzie per poterne guadagnare, al pari di un petroliere, che vende il suo petrolio, non certo i suoi pozzi.
E come dobbiamo cambiare noi
Per quello che concerne l’utente, la verità è molto semplice e abbastanza sgradevole: Facebook ha tirato le mani indietro. La sua grandezza e la sua enorme responsabilità, ha portato gli utenti a pretendere dal social l’esclusiva riservatezza dei dati, e la protezione ad oltranza di tutto quello che veniva pubblicato. Accusandolo di ogni minimo sgarro. Facebook ha dimostrato invece, ad una lettura attenta dei cambiamenti, l’intenzione di diventare un sito pubblico come qualunque altro, risparmiandosi il ruolo di “genitore” dell’iscritto, e delegando agli utenti l’onere di tenere protette le informazioni: la frase
[blockquote style=”1″]Se avrai selezionato uno specifico pubblico per il tuo contenuto o le tue informazioni, rispetteremo la tua scelta nel momento in cui lo useremo[/blockquote]
Potrebbe essere letta come:
[blockquote style=”1″]”Ciò che posti è pubblico, e ne facciamo quello che vogliamo. Quello che tu deciderai di proteggere, lo proteggeremo. La libertà è nostra, la responsabilità è tua”.[/blockquote]
L’utente dovrà quindi capire che Facebook è un bel gioco, ma che la bacheca che raccoglie i nostri pensieri non ha più alcun “guardiano”, eccetto noi stessi.