I social network hanno capito perfettamente come imbrigliare, illudere e schiavizzare gli utenti di internet. Facendo leva su tante cose, fra cui l’essere vigliacchi e prendersela con i più piccoli, specie quando riguarda la privacy.
Prendiamo una persona che si iscrive a Facebook. Nel corso degli anni cosa è successo? Hanno cambiato improvvisamente tutte le mail registrate con l’indirizzo @facebook, e nessuno si è sognato di lamentarsi. Perchè tanto con chi ti lamenti? telefoni a Palo Alto biascicando inglese maccheronico per farti rispondere da una indiana che devi usare il modulo?
Hanno modificato le regole di privacy a loro completo piacimento, ad esempio hanno deciso di punto in bianco che tutto quello che posti tecnicamente può essere venduto e distribuito a chi pare a loro, ma addirittura è legalmente di loro proprietà intellettuale. E i paladini della giustizia e dei diritti degli autori, tutti muti: se provi a copiare la canzone di un cantautore, o riprodurre delle foto d’autore su un blog ti arrivano minacce, mail, denunce e citazioni.
La cosa più irritante e paradossale è quando si scopre che i dati privati sono stati rivenduti a qualcuno. L’ultimo esempio, quello di Cambridge Analytica. Se si andava a leggere i post sull’argomento, o nelle discussioni, trovavi il solito fatalista che diceva: “Se li tengano i miei dati, ci possono fare quello che vogliono!”. Tanto a lui non importa.
Poi se arriva l’azienda del milanese o del bresciano che fa la stessa cosa, o magari il tuo numero viene girato alle agenzie che ti vogliono piazzare Fastweb, si scatenano i registri delle opposizioni, i giureconsulti, le interrogazioni, le telefonate al responsabile del trattamento dei dati, le mail in copia al Garante della Privacy.
Per non parlare dell’utilizzo della propria casella di posta elettronica. LinkedIN, per citare anche un altro social, ha palesemente fatto e disfatto con le mail, con i contatti, quelli che gli pareva. E’ entrato nelle mail, ha rubato gli indirizzi, ha collegato i nominativi. E la cosa si sa: chi legge minimamente giornali online di tecnologia ogni tanto se ne accorge. E nessuno che si permetta di dire qualcosa, che cambi la password. Lo zero cosmico. Poi magari una piccola web agency che lancia il softwerino per raccogliere mail e ti invia un po’ di spam, diventa il diavolo.
Non solo mail di risposta, ma denunce varie. E’ stato attivo, e probabilmente lo è ancora, un giustiziere pazzo che nei vecchissimi newsgroup di Google, prendeva ogni mail in arrivo, estraeva il nome dell’azienda e del mittente e sputtanava online il suo riferimento, chiamandolo spammer. Un mezzo maniaco che guadagnerà due lire con cause e causette con il Garante, e figurati se si è mosso per i social network.
La verità, molto spesso, è che i social network possono fare e disfare quello che vogliono, perchè sono gli utenti ad essere dei vigliacchi. Esattamente come i politici, che approfittano consapevolmente del fatto che siamo bravi ad abbaiare con i più deboli, ma ci facciamo allegramente fregare dai grossi. Anzi, li difendiamo pure. Ecco svelato l’arcano.